Cryptovalute e tasse

Quando si parla di cryptovalute e tasse si è soliti entrare in un contesto normativo piuttosto nebuloso, considerato che nel nostro Paese al momento non esiste una disciplina univoca per il trattamento fiscale dei contribuenti che posseggono valute digitali come Bitcoin o Ethereum.

Stando agli ultimi chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate sulle tasse su criptovalute, a livello fiscale il possesso di valute digitali è sostanzialmente equiparabile a quello delle valute estere. Pertanto, tali asset devono essere inseriti all’interno del quadro RW della dichiarazione dei redditi che, tuttavia, ha una valenza meramente dichiarativa, senza che si renda possibile una naturale sommatoria rispetto alle altre voci che costituiscono il reddito di un contribuente. Ma cosa significa tutto questo?

Cryptovalute e tasse: l’inquadramento suggerito dalle Entrate

Il primo passo da realizzare per inquadrare correttamente il rapporto tra criptovalute e fisco è quello di valutare, in carenza di normativa specifica, in che modo possa essere definita tale relazione.

Considerate come strumento ibrido, finanziario e immateriale, l’Agenzia delle Entrate con Risoluzione 72/E/2016 ha deciso di accomunare le criptovalute alle valute estere, ponendosi in una posizione non equivalente a quella assunta da altri Paesi europei.

L’assimilazione della criptovaluta a una valuta estera conduce ad esempio ad alcuni obblighi in tema di monitoraggio fiscale, comportando che il sistema di tassazione a cui ricondurre le valute digitali sia quello di cui all’art. 67 TUIR, secondo cui le plusvalenze che sono realizzate mediante cessione a titolo oneroso di valute estere, oggetto di cessione a termine o rivenienti da depositi o conti correnti, costituiscano redditi diversi.

Ancora, lo stesso art. 67 TUIR dispone come le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di valute estere rivenienti da depositi e conti correnti concorrano a formare il reddito a condizione che nel periodo d’imposta la giacenza dei depositi e dei conti correnti complessivamente intrattenuti dal contribuente, calcolata secondo il cambio vigente all’inizio del periodo di riferimento, sia superiore a 100 milioni di lire per almeno sette giorni lavorativi consecutivi.

In altri termini, le Entrate ritengono che costituiscano redditi diversi di natura finanziaria, soggetti a imposta sostitutiva del 26%, le plusvalenze che derivano da cessione a termine di criptovalute se l’importo detenuto dal contribuente superi i 51.645,69 euro per almeno sette giorni lavorativi continui durante l’arco dell’anno.

Con il chiarimento fornito con risposta a interpello n. 788/2021, l’Agenzia delle Entrate precisa come il valore in euro della giacenza media in valuta virtuale debba essere calcolato secondo il cambio di riferimento all’inizio del periodo di imposta, e cioè al primo gennaio dell’anno in cui si verifica il presupposto di tassazione. Di contro, l’eventuale minusvalenza potrà essere rilevata dal contribuente solamente al sussistere delle stesse condizioni

Gli obblighi dichiarativi per criptovalute e fisco

Introdotto quanto precede, riepilogo come gli obblighi dichiarativi che riguardano il contribuente siano costituiti dal monitoraggio fiscale e della tassazione, legati alla detenzione e all’utilizzo della criptovaluta.

Il monitoraggio fiscale

Per quanto concerne l’aspetto del monitoraggio fiscale, che consegue all’attività di detenzione della critpovaluta, gli obblighi sono relativi alla compilazione del già rammentato quadro RW del modello Redditi PF.

In base ai chiarimenti forniti nel tempo dall’Agenzia delle Entrate, l’obbligo di compilazione del quadro RW scatta se le criptovalute sono detenute mediante intermediario non residente in Italia o tramite portafogli digitali, mentre non scatta se le criptovalute sono detenute mediante intermediario residente in Italia.

Con circolare 38/E/2013 l’Agenzia delle Entrate ha infatti precisato come siano soggette al medesimo obbligo anche le attività finanziarie estere che sono detenute in Italia, se al di fuori del circuito degli intermediari residenti. Con successiva risposta al già introdotto Interpello n. 788/2021 le Entrate hanno poi chiarito che con riferimento alla detenzione di valute virtuali si ritiene che l’obbligo sussista in quanto le stesse costituiscono attività estere di natura finanziaria che sono suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia, anche per quelle di cui il contribuente detenga direttamente la chiave privata.

La stessa risposta evidenzia come a prescindere dall’obbligo di monitoraggio fiscale le criptovalute non sono soggette a IVAFE perché tale imposta si applica ai depositi e ai conti correnti esclusivamente di natura bancaria.

La tassazione

Per quanto infine concerne la tassazione, realizzate le condizioni di imponibilità ex art. 67 TUIR, alla plusvalenza si applica un’imposta sostitutiva del 26% e il reddito diverso di tipo finanziario sarà esposto anche nel quadro RT del modello Redditi PF. Se il contribuente presenta il modello 730, si dovrà integrare questo con il medesimo quadro.

Considerata l’evoluzione della normativa e le novità che potrebbero scaturire nei prossimi mesi, consiglio a tutti coloro i quali desiderassero saperne di più sulla relazione tra criptovalute e fisco, e capire come assolvere correttamente ai propri obblighi di dichiarazione e di monitoraggio fiscale, di contattare il mio studio ai recapiti che sono riportati in ogni pagina del sito al fine di domandare un primo appuntamento con gli esperti fiscali in criptovalute.

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