Il regime fiscale dell’Associazione sportiva dilettantistica presenta alcune specificità che distinguono le ASD da altre forme partecipative.
Per il legislatore, infatti, le Associazioni sportive dilettantistiche sono rientranti tra gli enti non commerciali e, come tali, sono disciplinate dall’art. 73, comma 1, lett. c) del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR).
Come conseguenza di quanto sopra, per questa categoria di enti si applicano le norme di cui agli artt. 143 e ss. del TUIR, a cominciare dal suo primo comma, che prevede che il reddito complessivo delle ASD sia determinato dalla sommatoria delle diverse categorie reddituali, al netto delle prestazioni di servizio, di carattere non commerciale, rese in conformità alle finalità istituzionali, senza specifica organizzazione e con il pagamento di corrispettivi che non eccedano i costi di diretta imputazione.
Non concorrono inoltre alla formazione del reddito i fondi che la ASD riceve a seguito di raccolte pubbliche effettuate in via occasionale, anche attraverso offerte di beni di modico valore o di servizi ai sovventori in occasione di celebrazioni, ricorrente, campagne di sensibilizzazione.
Nel caso in cui poi l’ASD svolta un’attività commerciale non finalizzata alla sua attività istituzionale, troveranno applicazione le regole ordinarie sulla tassazione dei redditi, con l’ente che sarà tenuto alla separazione della contabilità.
Ricordiamo in tal proposito che secondo il TUIR per le ASD non è considerata commerciale l’attività svolta nei confronti degli associati o dei partecipanti in conformità alle finalità istituzionali. Ne consegue che le somme che gli associati versano a titolo di quote o di contributivi, non concorrono alla formazione del reddito complessivo.
Il sistema agevolativo previsto dall’articolo 148, comma 3 del TUIR si estende a tutti gli enti associativi, comprese le realtà operanti nel settore sportivo dilettantistico, e stabilisce la non imponibilità ai fini IRES delle attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali.
Si precisa che il regime favorevole si applica direttamente sia alle ASD, in quanto enti contemplati dall’articolo 73 TUIR, sia alle Società Sportive Dilettantistiche (SSD), in virtù dell’articolo 90 della legge 289 del 2002. Un aspetto particolarmente vantaggioso per le ASD riguarda la non applicabilità della disciplina sulla perdita della qualifica di ente non commerciale prevista dall’articolo 149 TUIR. Significa che, anche qualora l’associazione dovesse svolgere prevalentemente attività commerciale durante un intero periodo d’imposta, non perderebbe automaticamente la sua qualifica di ente non commerciale.
Come accedere alle agevolazioni: i requisiti
Per beneficiare del regime agevolato stabilito dall’articolo 148, comma 3 del TUIR, sia le ASD che le SSD devono conformare i propri Statuti alle clausole previste dal comma 8 dello stesso articolo, al fine di garantire due aspetti essenziali: la non lucratività dell’ente e l’effettiva natura del rapporto associativo.
L’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 18/E del 2018, ha precisato che le agevolazioni fiscali vengono infatti riconosciute esclusivamente quando i proventi derivano da attività svolte in diretta attuazione delle finalità istituzionali. Se l’associazione ottiene proventi non collegabili agli scopi istituzionali, dunque, questi saranno sottoposti al normale regime fiscale IRES. Risulta pertanto fondamentale che i proventi delle attività commerciali siano strutturalmente funzionali all’attività sportiva dilettantistica, rappresentando un naturale completamento della pratica sportiva stessa.
Raccolta fondi e attività commerciali connesse
Le ASD, in quanto organizzazioni senza scopo di lucro, hanno la possibilità di organizzare attività occasionali di raccolta fondi durante celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione, purché ciò sia previsto nel loro Statuto. Le iniziative, aperte anche ai non associati, permettono di raccogliere fondi attraverso l’offerta di beni di modico valore o servizi che, secondo l’articolo 143, comma 3, lettera a) del TUIR, non concorrono alla formazione della base imponibile ai fini delle imposte dirette e dell’IVA.
Un ulteriore beneficio è riservato alle ASD che adottano il regime forfettario previsto dalla legge 16 dicembre 1991, n. 398. L’articolo 25, comma 2, della legge 13 maggio 1999, n. 133, consente a queste associazioni di svolgere attività neutrali dal punto di vista delle imposte dirette, rispettando due vincoli annuali: non superare i 2 eventi e mantenere i proventi complessivi sotto la soglia di 51.645,69 euro.
Per ogni manifestazione, l’associazione deve redigere, entro quattro mesi dalla chiusura dell’esercizio sociale, un rendiconto separato e dettagliato, accompagnato da una relazione illustrativa che indichi chiaramente tutte le movimentazioni finanziarie relative all’evento.
Le attività non coerenti con gli scopi istituzionali
La circolare n. 18/E del 2018 dell’Agenzia delle Entrate ha stabilito che i corsi relativi ad attività sportive non riconosciute dal CONI, oppure svolti utilizzando strutture e mezzi organizzati con finalità concorrenziali sul mercato, non possono essere considerati attuazione degli scopi istituzionali.
Si considerano altresì non istituzionali le attività di vendita di beni o prestazioni di servizi per le quali l’associazione utilizza strumenti pubblicitari o diffonde informazioni a soggetti diversi dagli associati, impiegando mezzi tipici degli operatori di mercato, come insegne, marchi, locali attrezzati con finalità pubblicitarie o altri segni distintivi del mercato concorrenziale, con l’obiettivo di attrarre una clientela esterna all’ambito associativo.
Secondo l’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate, anche la somministrazione di alimenti e bevande nei locali interni all’associazione sportiva dilettantistica, anche se rivolta esclusivamente ai soci, deve essere considerata attività commerciale, poiché esclusa dalla decommercializzazione.
Il divieto di distribuzione degli utili
L’articolo 8, commi 1 e 2, del D.lgs. n. 36 del 2021 impone alle ASD e alle SSD di destinare eventuali utili e avanzi di gestione esclusivamente allo svolgimento dell’attività statutaria o all’incremento del patrimonio associativo. È severamente vietata la distribuzione, anche indiretta, di utili, avanzi di gestione, fondi e riserve a soci, associati, lavoratori, collaboratori, amministratori o altri componenti degli organi sociali, anche in caso di recesso o scioglimento del rapporto individuale.
La normativa solleva questioni complesse riguardo alla determinazione dei corrispettivi da riconoscere ai lavoratori subordinati e autonomi, rispetto ai parametri fissati dai contratti collettivi di cui all’articolo 51, D.lgs. 81/2015, oltre i quali si configurerebbe un’ipotesi di distribuzione indiretta di utili.
Il trattamento fiscale delle sponsorizzazioni
Le spese di sponsorizzazione sono generalmente riconducibili alla categoria delle spese di pubblicità e propaganda. Il contratto di sponsorizzazione rappresenta un accordo a prestazioni corrispettive in cui una parte (sponsor) si impegna, contro pagamento, ad associare temporaneamente il proprio nome a quello dell’associazione sportiva durante manifestazioni, rendendo esplicito che la partecipazione dello sponsorizzato deriva dal contributo economico dello sponsor.
La Corte di Cassazione ha chiarito che la presunzione assoluta di deducibilità del costo di sponsorizzazione da parte del soggetto erogante, prevista dall’articolo 90, comma 8, della legge n. 289/2002, opera esclusivamente a favore dello sponsor e non dell’associazione o società sportiva dilettantistica beneficiaria. Quest’ultima dovrà assoggettare i proventi derivanti dai contratti di sponsorizzazione al regime fiscale ordinario previsto per i proventi commerciali.
La disciplina IVA delle sponsorizzazioni sportive
Per quanto concerne il trattamento IVA delle sponsorizzazioni sportive, occorre fare riferimento all’articolo 4 del D.P.R. n. 633/1972, che definisce le operazioni imponibili. Secondo questa normativa, le prestazioni verso corrispettivo dipendenti da contratti di sponsorizzazione costituiscono prestazioni di servizi.
Di conseguenza, i corrispettivi derivanti dai contratti di sponsorizzazione sono soggetti a IVA con l’aliquota ordinaria del 22%, a meno che non si applichi il regime forfettario previsto dalla legge n. 398/1991, che esenta dalle incombenze IVA le associazioni sportive dilettantistiche con proventi commerciali non superiori a 400.000 euro annui.
Il regime IRAP per le associazioni sportive
In base alla disciplina stabilita dal D.lgs. n. 446 del 1997, le attività sportive rientrano nell’ambito di applicazione dell’IRAP, indipendentemente dalla natura dell’attività svolta. L’articolo 10 del D.lgs. n. 446/1997 prevede una disciplina IRAP generale per gli enti non commerciali, senza specificare disposizioni particolari per gli enti sportivo-dilettantistici. Tuttavia, a seconda della tipologia dell’associazione, si applicano modalità diverse per il calcolo e la determinazione dell’imposta dovuta.
Per le associazioni che svolgono esclusivamente attività istituzionale, la base imponibile IRAP si determina sommando le retribuzioni corrisposte al personale dipendente, i compensi ai collaboratori coordinati e continuativi, quelli per prestazioni di lavoro autonomo non esercitate abitualmente e gli interessi passivi. Per le associazioni che hanno optato per il regime della legge n. 398/1991, invece, il valore della produzione netta ai fini IRAP si calcola aumentando il reddito determinato in base a tale regime con le retribuzioni e i compensi sopra menzionati.
Insomma, come abbiamo visto nelle scorse righe, il sistema fiscale delle associazioni e società sportive dilettantistiche presenta numerose peculiarità e agevolazioni, ma richiede il rispetto di specifici requisiti e adempimenti. Risulta fondamentale che queste organizzazioni adeguino i propri statuti alle clausole di non lucratività e di effettività del rapporto associativo, evitino la distribuzione indiretta di utili e gestiscano correttamente le sponsorizzazioni, considerando le presunzioni di deducibilità previste per gli sponsor e gli obblighi di tassazione dei proventi commerciali per le associazioni beneficiarie.
Una gestione fiscale corretta delle associazioni e società sportive dilettantistiche necessita di una valutazione attenta delle diverse normative applicabili, per sfruttare appieno le opportunità offerte dal legislatore ed evitare possibili contestazioni da parte dell’amministrazione finanziaria: per saperne di più, puoi contattarmi qua.