Cambia, ma solo dal 2026, la tassazione sulle plusvalenze delle criptovalute: per il 2025, infatti, l’aliquota sulle plusvalenze rimarrà al 26%, essendo saltata la modifica prevista nelle prime versioni della Legge di Bilancio, che avrebbe voluto portarla fino al 42%. Dal 2026, invece, l’aliquota salirà al 33%. Viene tuttavia già eliminata la no tax area fino a 2.000 euro, con la conseguenza che viene immediatamente ampliata la platea di soggetti sottoposti a tassazione.
Proviamo a riassumere insieme come sta cambiando il panorama fiscale su Bitcoin & crypto.
Come cambia il gettito previsto
Come abbiamo anticipato, il fatto di aver mantenuto l’aliquota di prelievo fiscale al 26% non impedisce allo Stato di incassare più soldi dalle criptovalute, considerato che la conservazione di tale aliquota va di pari passo con l’abolizione della soglia di esenzione di 2.000 euro, garantendo così per il 2025 un gettito di importo pari ad almeno quello attualmente incassato, pari a 27 milioni di euro.
Sarà sicuramente maggiore il gettito previsto per il 2026, quando scatterà l’aumento dell’aliquota dal 26% al 33%, con previsioni di gettito pari a 34,3 milioni di euro.
Ricordiamo che la relazione alla Manovra si basa sull’ipotesi che circa la metà del controvalore delle operazioni su criptovalute effettuate nel 2023 è riconducibile a investitori che sono attualmente esenti, poiché al di sotto della no tax area di 2.000 euro. Il controvalore medio delle operazioni è stato rilevato in 967 euro.
Cosa succede negli altri Paesi
È particolarmente interessante cercare di capire che cosa succede negli altri Paesi europei, anche al fine di supportare le convinzioni di coloro che si sono apertamente schierati contro l’iniziale decisione dell’esecutivo di innalzare la tassazione italiana al 42%. Molti opinionisti ricordano infatti come la tassazione media europea sulle criptovalute sia intorno al 20% e che, dunque, l’attuale aliquota al 26% sia già maggiore di tale riferimento.
Certo è che a cambiare non è solo l’aliquota, quanto anche la no tax area, che – come abbiamo visto – in Italia è praticamente tramontata. In Germania, invece, le plusvalenze non sono tassate se i guadagni annuali rimangono al di sotto dei 600 euro e gli asset rimangono in mano allo stesso proprietario per almeno 12 mesi. Non mancano poi alcuni Stati in cui l’aliquota sulle plusvalenze è azzerata. Lussemburgo, Malta, Belgio e Svizzera sono alcuni esempi più vicini.
Altri Paesi hanno invece introdotto una tassazione che dipende dal reddito, ma che raramente sale sopra il 26% italiano. I più severi sono invece il Portogallo (aliquota fino al 28%), Francia e Svezia (30%), Paesi Bassi (33%) e Danimarca (tra il 37% e il 52%).