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Tassazione delle criptovalute: prospettive per il 2026

La disciplina fiscale delle criptovalute in Italia sta subendo alcuni importanti chiarimenti, anticipati dal contenuto della Legge di Bilancio 2025, con cui il legislatore ha deciso di inasprire la tassazione delle plusvalenze da criptoattività, portando l’aliquota dall’attuale 26% al 33% a partire dal 1° gennaio 2026.

La modifica rappresenta un cambio di paradigma importante. Fino al 2024, infatti, esisteva una soglia di esenzione di 2.000 euro annui al di sotto della quale i redditi da criptovalute non erano soggetti a imposizione. Dal 2025, invece, ogni plusvalenza è tassabile fin dal primo euro, indipendentemente dall’importo realizzato.

Quali impatti operativi per i contribuenti?

Dal punto di vista pratico, i contribuenti che detengono criptovalute dovranno:

  • tenere una contabilità accurata di tutte le transazioni, incluse le date di acquisto e vendita, i prezzi e le commissioni
  • calcolare le plusvalenze per ogni operazione di cessione, permuta o rimborso
  • dichiarare i redditi anche per importi minimi, eliminando la precedente franchigia
  • versare l’imposta sostitutiva del 26% per il 2025 e del 33% dal 2026.

Il calcolo delle plusvalenze seguirà il criterio FIFO (First In, First Out), considerando venduti per primi i token acquistati precedentemente nel tempo.

Il panorama europeo: tra paradisi fiscali e aliquote punitive

L’analisi comparata del trattamento fiscale delle criptovalute in Europa rivela un quadro estremamente eterogeneo, che può essere suddiviso in quattro categorie principali

Paesi a tassazione zero

Malta, Cipro, Lussemburgo, Belgio ed Estonia rappresentano i paradisi fiscali europei per le criptovalute. Hanno infatti scelto di non applicare alcuna imposizione sulle plusvalenze da cripto-attività, attraendo così investitori e aziende del settore.

Paesi ad alta tassazione

All’estremo opposto troviamo Germania e Danimarca, dove le aliquote superano il 50%. In Germania, in particolare, le criptovalute detenute per meno di un anno sono tassate come reddito ordinario, con aliquote che possono raggiungere il 45%, più la solidarietà fiscale.

Sistemi forfettari

Paesi Bassi (33%), Francia e Svezia (30%) applicano aliquote fisse, mentre la Bulgaria si distingue per un’aliquota particolarmente vantaggiosa del 10%.

Sistemi progressivi

La Repubblica Ceca adotta un approccio progressivo con il 15% fino a 70.000 euro annui e il 23% oltre tale soglia, mentre il Regno Unito applica un sistema complesso che distingue tra diverse tipologie di attività.

Lo scenario globale

Uscendo al di fuori dei confini europei, rileviamo come il continente asiatico disponga delle maggiori contraddizioni. Mentre la Cina ha vietato completamente il trading di criptovalute, Paesi come Singapore, Hong Kong, Malesia e Brunei non applicano alcuna tassazione, posizionandosi così come hub regionali per il settore crypto. Il Giappone, pioniere nell’adozione delle criptovalute, applica invece aliquote fino al 45%, trattando i guadagni come redditi ordinari soggetti all’imposta progressiva sul reddito.

Nel Nord America, sia Stati Uniti che Canada applicano sistemi progressivi. Gli USA trattano le criptovalute come “property” ai fini fiscali, tassando ogni transazione che genera plusvalenze con aliquote dal 15% al 37%. L’America Latina mostra invece una maggiore propensione verso sistemi forfettari, con diversi Paesi che adottano flat tax del 15% (Messico, Brasile, Argentina), mentre Panama ed El Salvador si distinguono per l’assenza di tassazione.

Le implicazioni del Regolamento MiCA

In tutto ciò, rileviamo anche l’entrata in vigore del Regolamento MiCA (Markets in Crypto-Assets), che rappresenta una svolta epocale per il settore delle criptovalute in Europa. Il nuovo framework normativo introduce infatti standard di sicurezza uniformi per tutti gli operatori, obblighi di trasparenza più stringenti, tutele rafforzate per i consumatori e limitazioni operative per le società offshore non regolamentate.

Raccomandazioni strategiche per i contribuenti

Le novità dovrebbero indurre i contribuenti ad adottare alcune strategie funzionali. Per gli investitori privati:

  1. Pianificazione temporale: considerare la vendita di posizioni in perdita prima del 2026 per compensare eventuali plusvalenze;
  2. Diversificazione giurisdizionale: valutare la detenzione di criptoattività in Paesi a fiscalità agevolata, pur nel rispetto delle normative CRS;
  3. Documentazione accurata: implementare sistemi di tracking automatizzato delle transazioni.

Per le aziende si rende invece necessaria:

  1. Revisione delle policy: aggiornare le procedure interne per la gestione fiscale delle criptovalute;
  2. Formazione del personale: assicurare competenze adeguate sui nuovi obblighi normativi;
  3. Consulenza specializzata: affidarsi a professionisti esperti in fiscalità crypto per ottimizzare la compliance.

Per maggiori informazioni, è possibile contattare lo studio qui.

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